Con l’approvazione definitiva della Legge di Bilancio 2017 viene ufficialmente introdotta l’Iri al 24%. Ora la novità per le piccole imprese e gli artigiani è finalmente ufficializzata: dal 2017 ai lavoratori autonomi sarà applicata un’imposta unica con aliquota al 24%. Con l’Iri al 24% il Governo si propone di aiutare le imprese e di agevolarne la crescita e lo sviluppo.
L’Iri al 24% sarà applicata ai redditi lasciati e reinvestiti in azienda, in sostituzione delle aliquote progressive Irpef. In sostanza, imprese e artigiani verranno tassati con l’aliquota unica al 24% così come previsto per le società di capitali, soggette al pagamento dell’Ires ridotto dal 27,5% al 24% dalla Legge di Bilancio 2017. Le aliquote progressive Irpef, calcolate sulla base dei redditi aziendali dal 23% al 43%, per le quali la riforma è stata posticipata probabilmente al 2018, non si applicheranno dunque alla parte di utili reinvestiti in azienda. L’applicazione dell’Iri 24% andrà effettuata in sede di dichiarazione dei redditi e avrà durata quinquennale rinnovabile. Può essere applicata solo dalle aziende che adottano un regime di contabilità ordinaria o essendo in regime di contabilità semplificata fino al 2016, su opzione, scelgono di utilizzare la contabilità ordinaria, a partire dal 1°gennaio 2017.
Pertanto l’opzione per il regime IRI può essere esercitata da soggetti (IRPEF ma non solo) in contabilità ordinaria, per scelta o opzione, in particolare:
-dalle imprese individuali;
-dalle imprese familiari (dovrebbe rientrare anche l’azienda coniugale in forma di impresa individuale con attribuzione del 50% all’altro coniuge);
-dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice
-dalle società a responsabilità limitata.
Va ricordato che la contabilità ordinaria risulta obbligatoria per i soggetti che superano determinati limiti di ricavi, ossia:
-400.000 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi
-700.000 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività
Nei casi di opzione per l’IRI l’art.55-bis del T.U.I.R. prevede che il reddito d’impresa viene assoggettato a tassazione su distinti piani:
-in primo luogo, si calcola il reddito del soggetto che lo produce, impresa o società, applicando le regole previste in materia di reddito d’impresa per i soggetti IRPEF, questo reddito è soggetto a tassazione separata;
-in secondo luogo, abbiamo un livello d’imposizione per l’imprenditore o per i soci all’atto del prelevamento degli utili; in questo caso il reddito, sempre d’impresa, concorre al reddito complessivo della persona fisica.
Soffermandoci per il momento sul primo aspetto, il reddito d’impresa della società di capitali è escluso dalla formazione del reddito complessivo ed è assoggettato a tassazione separata con l’aliquota IRES prevista per le società di capitali (dal 2017 = 24%). Dal reddito d’impresa sono ammesse in deduzione le somme prelevate, a carico dell’utile d’esercizio e delle riserve di utili, a favore dei soci. Si deve ritenere che per la disciplina dei prelievi dei suddetti utili valga il criterio di cassa, ossia che la deduzione operi con riferimento al periodo d’imposta per il quale avviene il prelevamento da parte dell’imprenditore o del socio. Si evidenzia che la deduzione non può mai eccedere le somme assoggettate a tassazione separata.
Consideriamo il secondo aspetto relativo ad una società di persone (s.n.c. , s.a.s.) il cui reddito d’impresa è escluso dalla tassazione per trasparenza prevista in base alla percentuale di partecipazione dei soci al capitale sociale per l’importo al netto dei prelevamenti a carico dell’utile dell’esercizio a favore dell’imprenditore e dei collaboratori familiari e dei soci. In questo caso il reddito non prelevato e reinvestito in azienda sarà soggetto alla tassazione IRI del 24% e solo i prelevamenti effettuati dai soci e collaboratori saranno soggetti per questi ultimi alla tassazione IRPEF.
L’Iri al 24%, bisogna ricordare, si applicherà esclusivamente sugli utili reinvestiti in azienda. In base a quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2017 per la parte prelevata dal professionista, dal piccolo imprenditore o dai soci di società di persone, verrà applicata l’aliquota Irpef di competenza, che ad oggi ammonta ad un minimo del 23% per i redditi inferiori ai 15 mila euro annui, fino al 43% per quelli che superano i 75 mila euro.
Fino ad oggi i redditi prodotti dalla PMI sono in capo all’imprenditore e ai soci anche se lasciati in azienda. L’obiettivo dell’Iri al 24% introdotta dalla Legge di Bilancio 2017 è favorire invece la capitalizzazione delle imprese, tassando in maniera più leggera gli utili non prelevati.
Vediamo alcuni esempi mettendo a confronto la tassazione Irpef sull’intero reddito d’impresa secondo l’attuale normativa e la tassazione IRI del 24% applicata solo sugli utili non prelevati dal titolare e reinvestiti in azienda.
- Impresa individuale con reddito di impresa di 40.000 euro di cui 28.000 euro prelevati da titolare. Con le attuali disposizioni, l’Irpef dovuta (non considerando per semplicità le addizionali locali, che rendono ancor più conveniente l’Iri) è di 11.520 euro. Con l’Iri ad aliquote attuali ci sarebbero da versare 2.880 euro a titolo di Ires e 6.960 euro come Irpef a carico del titolare, con un risparmio d’imposta di 1.680 euro.
- Impresa individuale con reddito di impresa di 70.000 euro, di cui 35.000 euro prelevati da titolare si ritroverebbe oggi a pagare 23.370 euro di Irpef, mentre risparmierebbe 5.350 euro con la formula dell’Iri versando nel dettaglio 8.400 euro al 24% e 9.620 euro di Irpef del titolare.