Il sistema fiscale prevede uno strumento – il redditometro – che consente al fisco di ricostruire il reddito della persona fisica, partendo dalle spese effettivamente sostenute, o da quelle che si presume debba sostenere nella normale conduzione della propria vita. Il “redditometro” è lo strumento con il quale il fisco determina il reddito presunto del contribuente, in base alle spese da questi effettuate nell’anno di imposta (in pratica, il reddito del contribuente deve essere compatibile con le spese da questi sostenute). L’accertamento del fisco scatta soltanto nel caso in cui la differenza fra il reddito dichiarato e quello accertato sia superiore al 20%. La percentuale di tolleranza è ulteriormente ampliata mediante una “norma premiale” a favore dei contribuenti lavoratori autonomi o titolari di ditte individuali che risultino congrui e coerenti agli studi di settore: in tal caso, e soltanto per i periodi di imposta a partire dal 2011, lo scostamento ammesso è del 33 % (un terzo, anziché un quinto).Per i controlli è previsto un procedimento articolato in due fasi: la prima prevede l’invio di un questionario con l’invito a fornire giustificazioni sulle incongruenze riscontrate dal fisco con riferimento su diverse tipologie di spese.Al questionario si deve rispondere entro 15 giorni. La mancata risposta può comportare l’applicazione di una sanzione amministrativa da € 258 ad € 2.065, e anche l’impossibilità di utilizzare nella fase successiva davanti al fisco o al giudice i dati e le notizie non addotti dal contribuente in risposta alla richiesta ricevuta; la seconda fase (l’accertamento) scatta quando i dati e le spiegazioni fornite non sono ritenute soddisfacenti dal fisco. Il contribuente la cui posizione è stata selezionata è quindi invitato a presentarsi di persona o tramite un rappresentante abilitato (il proprio fiscalista, ad esempio). Si tratta di un primo contraddittorio, nel quale il contribuente collabora alla analisi delle voci di spesa sostenute, fornendo le indicazioni utili a dimostrare la coerenza e la legittimità del proprio comportamento. Qualora tali dimostrazioni non siano ritenute sufficienti l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate emette l’avviso di accertamento, cioè l’atto in cui sono esposte le motivazioni dell’accertamento, il metodo utilizzato, il maggior reddito individuato con relative imposte, sanzioni e interessi, nonchè l’intimazione a pagare entro i termini previsti.
Ecco un serie di risposte ad alcune domande d’interesse generale sul tema del redditometro.
Come ci si difende dall’accertamento da redditometro?
Risposta: il contribuente può, rispondendo al questionario inviato dal fisco o in sede di contraddittorio presso l’Agenzia delle Entrate, dimostrare che la pretesa del fisco è totalmente o parzialmente infondata, producendo tutta la documentazione utile a supporto di quanto sostenuto. A titolo di esempio, potrà dimostrare la presenza di redditi che non devono essere dichiarati (eredità, donazioni, redditi esenti come gli interessi sui titoli di Stato, ecc.), e che giustificano l’ammontare dei consumi, oppure indicare altri soggetti, ad esempio un familiare, che ha contribuito a sostenere le spese.
Ai fini di un eventuale accertamento da redditometro, è utile la conservazione di tutti gli scontrini e ricevute attestanti le spese sostenute?
Risposta: no, in quanto riferibili a spese comunque non rilevanti ai fini del redditometro. Si ritiene invece utile, in caso di spese significative, effettuare pagamenti “tracciati”, cioè utilizzando strumenti come bancomat, carte di credito, bonifici, ecc. che consentano l’esatta individuazione della spesa, della data, del beneficiario.
Quando il fisco può procedere all’accertamento?
Risposta: è previsto che l’accertamento possa avvenire soltanto nel caso in cui la differenza fra il reddito dichiarato e quello accertato con il redditometro sia superiore al 20% ma dopo che il contribuente è stato convocato negli uffici dell’Agenzia delle Entrate e in contraddittorio non ha fornito sufficienti chiarimenti in relazione alle spese sostenute.