L’art. 10, comma 1, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (anche conosciuta come «Statuto dei diritti del contribuente»), prevede che «i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede».
Tra tali principi di «collaborazione» e di «buona fede» si ritiene che rientri anche la norma recata dall’art. 6, comma 5, della stessa Legge n. 212/2000, la quale dispone che, «prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto». La norma in questione, tuttavia, «non si applica nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni» sopra riportate.
Con specifico riferimento alla disposizione di cui sopra, nella Sent. della Corte di Cassazione, Sez. V civile, 5 ottobre 2016, n. 19861, è stato affrontato il caso di una «cartella di pagamento emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, … a seguito del controllo automatizzato della dichiarazione … per il recupero di crediti d’imposta non spettanti», senza che prima fosse stato notificato un «avviso bonario».
Con riferimento al caso sopra delineato, secondo la Suprema Corte «non è dubitabile che la norma di cui all’art. 6, comma 5», della Legge n. 212/2000 «concorra con quella di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, comma 3, nel delineare un quadro normativo unitario diretto a disciplinare le modalità partecipative del contribuente nelle fasi successive al controllo automatizzato delle dichiarazioni e alla conseguente liquidazione d’imposta, prevedendo adempimenti bensì diversi – c.d. comunicazione di irregolarità, da un lato (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3); c.d. avviso bonario, dall’altro (art. 6, comma 5», della Legge n. 212/2000) – «ma tuttavia concorrenti e potenzialmente anche contestuali, entrambi ricadenti nella medesima fase prodromica all’emissione della cartella di pagamento, tanto da essere sovente sovrapposti nella casistica giurisprudenziale e da giustificare comunque una ricostruzione del loro reciproco rapporto in termini di sostanziale «completamento/integrazione» (o, secondo alcuni, di vera e propria «sostituzione»)». Cionondimeno, secondo la Cassazione «va … confermato che nel caso del «controllo cartolare» D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 bis, l’obbligo del «contraddittorio endoprocedimentale», mediante l’invio dell’invito previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, sorge soltanto «qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (v. anche Cass. Sez. 5, n. 1306 del 26/01/2015)».