L’introduzione della regola della maggioranza per le operazioni di trasformazione da società di persone a società di capitali ha sollevato dubbi in ordine al modo in cui comportarsi con le clausole di differente contenuto, inserite negli atti costitutivi delle società di persone già esistenti alla data di entrata in vigore della riforma del diritto societario (1°gennaio 2014) .
L’ipotesi maggiormente ricorrente è quella in cui nello statuto si era stabilito che per quanto non espressamente disposto, avrebbero trovato applicazioni le vigenti disposizioni del codice civile.
Secondo un primo orientamento, si sarebbe di fronte a un rinvio fisso che renderebbe applicabile la regola esistente non al momento della trasformazione della società, ma al momento della sua costituzione, anche se la trasformazione avviene a distanza di diversi anni dalla costituzione stessa.
Si applicherebbe, quindi, l’art.2252 c.c. che, per tutte le modifiche del contratto sociale, richiede il consenso unanime dei soci, se non è convenuto diversamente.
Contro questa impostazione è stata evidenziata, innanzitutto, la mancanza di coerenza rispetto alla ratio dell’art.2500-ter c.c. che è proprio quella di favorire e semplificare il più possibile la trasformazione delle società di persone in società di capitali.
Leggere il rinvio alle leggi vigenti come rinvio fisso, ovvero alle leggi allora vigenti, appare un automatismo eccessivamente semplicistico, si dovrebbe intendere al contrario un rinvio mobile ovvero alle norme eventualmente sopravvenute, altrimenti la disciplina dettata dalla riforma per la trasformazione omogenea progressiva risulterebbe in concreto inapplicabile per tutte le società di persone costituite ante riforma.