L’Iva non ammessa in detrazione è deducibile ai fini del reddito d’impresa in quanto rappresenta un onere accessorio del costo del bene a cui afferisce, non a caso, deve essere indicata tra i costi in sede di redazione del bilancio d’esercizio. In linea generale, poichè l’IVA rientra tra le imposte per le quali è normativamente prevista la rivalsa, l’art.99 comma 1 del TUIR ne prevede l’indeducibilità. Se però l’IVA non può essere recuperata in quanto indetraibile, finisce con il rappresentare un costo per i titolari di reddito d’impresa e, in particolare, un onere accessorio di diretta imputazione al costo del bene.
Nell’ipotesi in cui l’IVA non venga dichiarata in origine come costo in quanto detratta (essendo in sostanza una partita di giro), e ove la detrazione stessa viene disconosciuta, a seguito di accertamento l’imposta potrà essere legittimamente recuperata mediante richiesta di rimborso. Tale principio è stato espresso dalla Commissione Tributaria di Reggio Emilia con la pronuncia del 17 luglio n.203/2/17 e giunge a conclusioni condivisibili.
La pronuncia in commento si pone in continuità con la norma di comportamento AIDC (associazione italiana dottori commercialisti) 1°maggio 2003 n.152, secondo cui, per l’appunto, l’IVA indetraibile rappresenta un costo deducibile ai fini del reddito d’impresa. La stessa associazione prima di tale principio, espresso dalla suddetta Commissione, non si era pronunciata in via espressa sull’Iva diventata successivamente (a seguito di accertamento) indetraibile ma si era pronunciata sulle ipotesi di indetraibilità oggettiva.