La voluntary disclosure-bis punterà soprattutto su tre ambiti: attività detenute nei Paesi che hanno stipulato accordi di scambio di informazione solo di recente, voluntary nazionali e regolarizzazione dei contanti. Proprio per questo ci si aspetta che nel disegno di legge venga inserita un’imposta specifica – quantificata in un’aliquota forfettaria pari al 35% – volta a regolarizzare il contante e i versamenti bancari che non possono essere giustificati come reddito. Si tenderà, così, ad alleggerire il carico fiscale in capo ai contribuenti che avranno la possibilità, a fronte della corresponsione di una ben determinata quota del proprio capitale, di regolarizzare i contanti custoditi e non dichiarati e successivamente di reinvestirli, o quantomeno di farli rientrare nel sistema bancario.
Legge di bilancio 2017: ecco la voluntary disclosure bis
La tanto vociferata voluntary disclosure-bis sta finalmente per vedere la luce nella legge di Bilancio 2017. Dopo mesi di rumors e di possibili date è stata finalmente ufficializzata direttamente dal Presidente del Consiglio. A conclusione del Consiglio dei Ministri del 15 ottobre scorso, il Premier Matteo Renzi e il Ministro Pier Carlo Padoan hanno illustrato, nel corso di una conferenza stampa, il disegno di legge di bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2017 e per il triennio 2017-2019.
In questa occasione è stata quindi ufficializzata la riapertura della voluntary disclosure; secondo le previsioni effettuate dal Consiglio dei Ministri, la nuova procedura di collaborazione volontaria dovrebbe permettere allo Stato italiano di incassare ben 2 miliardi di euro.
Con riferimento alla nuova voluntary disclosure non sono state spese molte parole: il presidente Renzi si è limitato a riferire che la voce di 2 miliardi di euro è sottostimata e che tale procedura non ha alcun elemento nemmeno assimilabile ad un condono fiscale.
Tale ultima affermazione appare assolutamente veritiera e può essere confermata da tutti quei professionisti che hanno avuto modo di studiare ed approfondire la normativa relativa alla prima edizione della voluntary disclosure (oramai in fase di ultimazione) e che hanno portato a termine le numerose procedure di collaborazione dei propri clienti, raccogliendo fiumi di documentazione, predisponendo i complessi calcoli finanziari e gestendo il pre-contraddittorio con i vari uffici dell’Agenzia delle Entrate.
Per quanto concerne, invece, le considerazioni sulla stima del gettito auspicato, appare doveroso analizzare i numeri della prima edizione della voluntary che, secondo i dati forniti dalla stessa Amministrazione finanziaria, ha comportato il deposito di ben 129.565 istanze, per un’emersione totale di quasi 60 miliardi di euro e un gettito di 3,8 miliardi.
Al riguardo appare interessante evidenziare che:
– circa l’80% dei capitali emersi era concentrato in soli tre Paesi: Svizzera, Principato di Monaco eLichtenstein, ossia i tre Paesi black list che hanno tempestivamente stipulato con l’Italia accordi che consentono lo scambio di informazioni e che per tale motivo, in sede di voluntary, sono stati trattati alla stregua dei Paesi white list;
– le voluntary nazionali (c.d. interne) sono state appena 1.507, ossia solamente l’1,16% delle istanze depositate nel corso della prima edizione.
Una corretta lettura di questi numeri permette di evidenziare, da un lato, come ci si aspetti che nella seconda edizione della voluntary disclosure possano emergere tutti quei capitali detenuti in Paesi che all’epoca non avevano ancora siglato accordi sullo scambio di informazioni e che lo hanno fatto solo successivamente.
Legge di bilancio 2017: ecco la voluntary disclosure bis ultima modifica: 2016-10-20T06:09:29+02:00 da