L’attenzione alle locazioni cd. “brevi” è cresciuta esponenzialmente nell’ultimo anno. I proprietari di immobili, anche vista la difficile situazione economica del momento, iniziano ad accogliere con favore tale formula; infatti, a fronte di un drastico contenimento del rischio di insolvenza (nelle locazioni molto brevi è prassi che il pagamento dell’intero canone sia corrisposto interamente in anticipo), è possibile beneficiare di un introito finanziario che consente di contenere gli esborsi per le imposte indirette gravanti sull’alloggio sfitto (IMU) nonché di “arrotondare” lo stipendio o la pensione mensile. Sotto altro punto di vista, la richiesta di alloggi a breve durata riscontra dei picchi di richiesta in vista dell’approssimarsi di eventi di grande richiamo, spesso organizzati nei grandi centri urbani (si pensi all’evento EXPO 2015 di Milano), intensificando bruscamente la ricerca di sistemazioni veloci, poco impegnative e a prezzi ragionevoli, moltiplicando così le potenziali occasioni d’affare.
Sotto il profilo fiscale, i proventi derivanti dalla locazione breve posta in essere da una persona fisica (quindi non nell’ambito dell’esercizio di un’attività d’impresa) sono classificabili tra i redditi fondiari (come i redditi derivanti dalle locazioni “ordinarie”).
Tali redditi, a differenza della regola generale prevista per le persone fisiche per le quali è previsto il principio di cassa (che prevede la tassazione dei soli redditi incassati nell’anno), sono assoggettati ad imposte secondo il principio di competenza. In altri termini, il proprietario è tenuto a dichiarare il canone annuale indicato nel contratto, indipendentemente dalla percezione finanziaria dello stesso. Anche in virtù di tale principio, diventa fondamentale contenere i rischi di insoluto, in quanto – in caso di mancato pagamento – il locatore sarà tenuto all’adempimento tributario anche relativamente a quei canoni maturati e non incassati.
L’unica eccezione a tale principio, prevista per i soli immobili abitativi, è rappresentata dalla presenza di una procedura di sfratto, nel qual caso è consentito al contribuente di non dichiarare i redditi da locazione solo a partire dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità; per le imposte eventualmente versate sui canoni scaduti e non percepiti viene invece riconosciuto al locatore un credito di imposta di pari importo (art. 26, comma1, Tuir).
Anche nell’ambito delle locazioni brevi è consentita al proprietario, laddove ve ne sia convenienza, l’opzione per la c.d. “cedolare secca” sugli affitti. Occorre tuttavia che la locazione sia di tipo abitativo e che l’immobile abbia una destinazione abitativa. È bene inoltre ricordare che sono escluse da cedolare secca le sublocazioni dell’immobile, non trattandosi di redditi fondiari ma di redditi diversi.
La cedolare secca è un’imposta che sostituisce l’IRPEF nonché le addizionali comunali e regionali all’IRPEF nonché l’imposta di registro e di bollo sui contratti di locazione; in caso di opzione per tale modalità di tassazione, pertanto, neanche il locatario sarà più tenuto a corrispondere la sua quota parte dell’imposta di registro e di bollo (normalmente il 50%).
La scelta per il regime agevolato si effettua di regola in sede di registrazione del contratto. Considerato che, in caso di locazioni di durata non superiore a 30 giorni, non vi è obbligo di registrazione, va da sé che nelle locazioni brevi non vi sarà alcuna applicazione dell’imposta di registro e di bollo. Qualora si intendesse procedere ugualmente alla registrazione volontaria del contratto, sarà dovuta l’imposta di registro nella misura del 2% sul canone (con un importo minimo 67 euro) e l’imposta di bollo, sempre che il locatore non abbia esercitato l’opzione per la cedolare secca, nel qual caso non sarà dovuta né l’imposta di registro né il bollo.
In mancanza di registrazione, la scelta sulla tassazione da applicare si effettuerà in occasione della compilazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui i canoni di locazione sono maturati.
L’aliquota della cedolare secca nelle locazioni brevi è pari al 21% e va applicata sull’intero importo del canone indicato nel contratto, senza l’abbattimento forfetario del 5% del canone previsto nel regime di tassazione ordinaria dei canoni di locazione. L’aliquota della cedolare secca al 10% è infatti prevista esclusivamente per i contratti di locazione in regime di canone convenzionato/concordato.
Per completezza si evidenzia che l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’opzione per la cedolare secca è ammessa anche in presenza di locazioni di singole stanze dell’abitazione (circolare n. 26/E/2011).
Da ultimo e relativamente alle imposte locali indirette, si ricorda che – ai fini IMU – l’imposizione grava esclusivamente sul proprietario e mai sul locatario. In proposito, va peraltro segnalato che, in caso di locazione di singole stanze della casa in cui il locatore risiede, l’immobile non perde la qualifica di abitazione principale. Ciò, in quanto tale nozione dipende unicamente dal fatto che il proprietario risieda e dimori nell’immobile. Ne consegue che l’abitazione principale parzialmente locata resta esentata dall’IMU.
Ai fini TASI, invece, vale la regola secondo cui, in caso di utilizzi non superiori a sei mesi, l’unico soggetto passivo è il proprietario. Ne consegue che, nell’ambito delle locazioni brevi, il titolare dell’immobile sarà tenuto al pagamento del 100% della TASI e la medesima regola risulta applicabile anche per la TARI (tassa sui rifiuti).