Il concordato preventivo

Continuiamo ad analizzare gli strumenti a disposizione dell’impresa per poter uscire dalla situazione di crisi. Dopo esserci soffermati sua piano di risanamento e accordo di ristrutturazione è la volta di approfondire il concordato preventivo che mira a consentire al debitore di raggiungere il consenso dei creditori su una proposta di ristrutturazione dei crediti da loro vantati. Tale proposta è a sua volta sostenuta da un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta (art.161, comma 2, lett.e).  La proposta,  se approvata dalla maggioranza dei creditori ai sensi di legge, vincola anche i creditori dissenzienti. Il debitore può, formando apposite classi, offrire ai creditori trattamenti differenziati in ragione della loro posizione giuridica e dei loro interessi economici. L’iter del concordato è in tal caso più complesso, ma la proposta può in tal caso giovarsi di una maggiore flessibilità. Il consenso dei creditori viene espresso all’interno di un contesto ( in cui sono coinvolti sia il tribunale, sia il commissario giudiziale da questo nominato) che garantisce sia il debitore, sia i creditori. Il debitore deve fornire informazioni complete e veritiere sulla condizione dell’impresa e deve operare nell’interesse dei creditori e in coerenza con il piano, sotto la vigilanza degli organi della procedura. Gli organi della procedura autorizzano il compimento degli atti di maggiore importanza. Con il concordato “in bianco” (o “con riserva”) l’imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato, insieme ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare proposta, piano e documentazione entro un termine fissato dal giudice (fra 60 e 120 giorni, prorogabili di non oltre 60 giorni con giustificati motivi). Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art.182-bis della legge fallimentare. (Su quest’ultimo strumento di risanamento vedi articolo pubblicato il 07/03/2014). Se da un lato il concordato “in bianco” risponde all’esigenza di un’emersione tempestiva della crisi d’impresa, consentendo di presentare la domanda di concordato già al manifestarsi dei primi sintomi della crisi, con un rinvio ad un momento successivo del piano e della proposta, dall’altro il deposito della sola domanda potrebbe essere oggetto di strumentalizzazioni per ritardare la dichiarazione di insolvenza ovvero il fallimento. Per tali motivi sono stati rafforzati i poteri dell’autorità giudiaria, mediante in particolare, la possibilità di nominare un commissario giudiziale e la previsione di un’attività di vigilanza sull’adempimento degli obblighi informativi a carico del debitore, il quale può compiere azioni illecite (esempio: l’esposizione di passività inensistenti) e al ricorrere di tali circostanze, il commissario deve dare notizia al tribunale che previa verifica può dichiarare improcedibile la domanda di concordato. In tale sede, l’autorità giudiziaria è anche investita del potere di dichiarare il fallimento del debitore, su istanza di uno o più creditori o del Pubblico Ministero, dopo aver verificato i presupposti di fallibilità dello stesso. Nel corso della procedura di concordato il debitore deve compiere solo atti di ordinaria amministrazione e deve depositare con periodicità mensile una situazione finanziaria dell’impresa, pubblicata nel registro imprese a cura del cancelliere. La violazione degli obblighi informativi produce l’inammissibilità della domanda di concordato e, ricorrendone i presupposti, la dichiarazione di fallimento.

Il concordato preventivo ultima modifica: 2014-03-20T08:00:12+01:00 da Dott. Gaetano Pappalardo