L’articolo 1, comma 16 della legge 213/2023 (Bilancio 2024) specifica che rientrano nella soglia generale di esenzione fiscale e contributiva dei fringe benefit, quest’anno pari a duemila o mille euro a seconda se il dipendente abbia o meno figli fiscalmente a carico, anche le spese per l’affitto o gli interessi sul mutuo, in entrambi i casi relativi alla prima casa.
Limitando l’analisi alle erogazioni che vanno a erodere la soglia di esenzione, si possono individuare tre categorie di benefit con analogo trattamento fiscale. In primis, vi è il pagamento o il rimborso delle utenze domestiche di acqua, energia elettrica e gas. In questo caso la somma versata dal datore di lavoro va direttamente a consumare il plafond di esenzione per pari importo e dunque il beneficio fiscale coinciderà con quanto ricevuto dal dipendente,
Più articolato è il caso di beni e servizi diversi da quelli indicati al comma 4, dell’articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi (veicoli dati in uso promiscuo, prestiti, alloggio ai lavoratori e trasporto ferroviario) offerti dal datore. Tali erogazioni in natura devono essere quantificate in base al valore normale indicato dall’articolo 9 del Tuir.
Infine, l’ultima categoria è rappresentata dai beni e servizi del comma 4. Si tratta dei benefit il cui valore deve essere determinato in base ai criteri convenzionali ivi indicati. Nella prassi sono frequenti il caso delle autovetture date in uso promiscuo e i prestiti agevolati.
Tuttavia, nel caso degli interessi sul mutuo prima casa, il beneficio potrebbe essere mitigato dalla parziale perdita della detrazione Irpef al 19% riconosciuta dall’articolo 15, comma 1, lettera b del Tuir (Dpr 917/1986) sugli interessi per l’acquisto dell’abitazione principale (nel caso in cui questa coincida con la prima casa o, in attesa di chiarimenti, se per «prima casa» si debba intendere l’abitazione principale) per la parte di interessi rimborsati dal datore di lavoro.