La legge sull’equo compenso, approvata in via definitiva il 12 aprile, comporterà anche la riscrittura degli accordi tra i professionisti e i propri clienti. In primo luogo sotto il profilo economico, perché dovrà essere reso in modo esplicito il riferimento, appunto, a un compenso equo e per stabilirlo occorrerà guardare ai parametri presenti nei decreti ministeriali, emanati nel tempo, categoria per categoria.
La revisione non riguarda le convenzioni cliente-professionista esistenti: la legge infatti varrà soltanto per quelle future.
Certo il perimetro di applicazione dell’equo compenso resta limitato: varrà per tutte le pubbliche amministrazioni, per banche e assicurazioni e per le imprese che hanno in alternativa o più di 50 dipendenti o un fatturato annuo superiore ai dieci milioni. Secondo le prime stime si tratta di circa 27mila pubbliche amministrazioni e 51mila aziende private.
Sono nulle tutte le clausole che:
1 prevedono un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini; per i non ordinistici i parametri devono ancora essere fissati (in teoria la legge impone al ministero di farlo entro 60 giorni).
2 impongono l’anticipazione delle spese da parte del professionista o vietano al professionista di chiedere acconti;
3 lasciano al cliente la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;
4 danno al cliente la facoltà di rifiutare la stipula scritta degli elementi essenziali del contratto;
5 permettono al cliente di pretendere dal professionista incaricato prestazioni aggiuntive gratis;
6 prevedono per il professionista la rinuncia al rimborso spese;
7 nei rinnovi prevedono la possibilità di applicare l’equo compenso anche agli incarichi pendenti se questo comporta una parcella minore;
8 condizionano il pagamento di assistenza e consulenza in materia contrattuale alla firma del contratto;
9 prevedono termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla fattura o dalla richiesta di pagamento;
10 obbligano il professionista a pagare a clienti o a terzi compensi, corrispettivi o rimborsi per l’uso di software, banche dati, gestionali, servizi di assistenza tecnica o di formazione e, più in generale, di qualsiasi altro bene o servizio richiesto dal cliente.
Se negli accordi è inserita una di queste clausole vietate, questa e solo questa sarà nulla in modo automatico, d’ufficio. Il resto del patto resta in vigore. Questo per evitare l’effetto controproducente di perdere del tutto l’incarico.
Da notare che il professionista che ha accettato compensi inferiori ai parametri o comunque non equi rischia la sanzione disciplinare dell’Ordine. Sanzione che non è applicabile per gli autonomi che non hanno un Ordine.