Il credito è sempre non spettante quando la mancanza degli elementi costitutivi dello stesso è potenzialmente riscontrabile con le procedure di controllo automatizzate. Ne deriva che la sanzione irrogabile sarà, in tali casi, quella del 30% e non quella dal 100% al 200%.
Alla base vi è sempre l’individuazione della distinzione tra crediti non spettanti e crediti inesistenti. Sul punto, la Cassazione rimarca come non sia sufficiente la mera mancanza di uno degli elementi costitutivi del credito d’imposta, poiché concorre alla definizione di credito inesistente anche la condizione che tale mancanza non possa essere contestata in sede di controlli automatizzati.
Nè rileva, correttamente, il fatto che in concreto il rilievo sia stato effettuato in occasione dei controlli formali oppure, ad esempio, in sede di verifica in azienda. Ciò che conta è che la tipologia di violazione sia in astratto suscettibile di essere evidenziata nel corso dei controlli automatizzati. Ne deriva che la verifica dell’Ufficio è anche sul merito della documentazione esibita ed è pertanto equiparabile ad una forma di accertamento, non ad una mera liquidazione della denuncia.
Stante l’ampia portata dei poteri degli Uffici previsti in sede di controlli formali, sembra inevitabile concludere che la regola risulta che il credito è non spettante, mentre l’eccezione è il credito inesistente. In quanto tale, l’Ufficio che vuole contestare l’inesistenza è inevitabilmente gravato di una sorta di obbligo di motivazione rafforzata, poiché deve spiegare perché il vizio riscontrato non avrebbe potuto essere constatato in sede di controllo formale.
Al limite anche il credito letteralmente inventato in dichiarazione ma del tutto privo di documentazione appartiene anch’esso ai crediti non spettanti, stante la riscontrabilità della violazione in sede di controlli automatizzati.