Non è incostituzionale la norma che nel nostro ordinamento riserva l’obbligo del contraddittorio preventivo solo alle ipotesi di verifica con accesso e non a tutte le modalità di accertamento in rettifica anche se effettuate “a tavolino”. Tuttavia, il legislatore dovrà estendere questa tutela anche alle ipotesi non previste.
A dichiarare l’inammissibilità della questione è la Corte Costituzionale con la sentenza 47 depositata ieri. La Commissione tributaria regionale della Toscana (ordinanza del 12 maggio 2022) aveva sollevato la possibile incostituzionalità dell’articolo 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nella parte in cui non estende il diritto al contraddittorio endoprocedimentale a tutte le modalità di accertamento in rettifica anche se effettuate tramite verifiche “a tavolino”.
La questione traeva origine da un avviso di accertamento scaturito da una mera richiesta di documentazione contabile, senza previa contestazione individuale delle violazioni. Secondo il giudice rimettente, mentre per i cosiddetti “tributi armonizzati” l’obbligo del contraddittorio deriverebbe dal diritto europeo, per i tributi non armonizzati (Ires e Irap) sarebbe previsto solamente nell’ipotesi di una verifica che sia svolta presso gli uffici del contribuente.
Per i controlli “a tavolino”, per i quali l’agenzia delle Entrate si limita ad acquisire documentazione contabile dal contribuente, non è previsto alcun contraddittorio endoprocedimentale. Tuttavia, tale confronto preventivo garantirebbe, da un lato, il diritto di difesa del contribuente, potendo far emergere elementi idonei a contestare i presupposti dell’accertamento fiscale; dall’altro, il diritto a una buona amministrazione. La norma censurata violerebbe così l’articolo 3 della Costituzione, per evidente disparità di trattamento.