La presunzione posta dallo studio di settore sembra soddisfare l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo ed assolvere l’onere della prova che grava, per sempre, sull’ufficio; tuttavia proprio l’inquadramento sistematico di tale metodologia di controllo nell’accertamento analitico induttivo permette di escludere qualsiasi automatismo applicativo; lo studio di settore, più che realizzare un’inversione dell’onere della prova, agevola le incombenze probatorie dell’Ufficio su cui continua però a gravare l’obbligo di motivare l’atto impositivo e di fornire la prova della rettifica operata. Non v’è dubbio, quindi, che gli studi di settore si configurino come fonte di presunzione semplice e la differenza -rispetto a quella legale- è fondamentale. Infatti, nel caso di presunzione semplice, l’Ufficio deve, volta per volta, convincersi e convincere sulla plausibilità del risultato dello studio. In secondo luogo, permanendo sull’ufficio l’onere della prova, potrebbe contestarsi più agevolmente che l’amministrazione non ha adattato lo studio alla realtà del singolo contribuente perchè non ha valorizzato i dati raccolti o offerti dal contribuente, anche per non averli, a monte, acquisiti secondo i canoni di una ragionevole istruttoria. In terzo luogo, se ci si sposta verso la sede giudiziale, ben diversa è la portata, ben diversa è la presunzione legale (che vincola il giudice, senza lasciare alcun spazio al suo libero convincimento) rispetto a quella della presunzione semplice. In sintesi i punti salienti dell’accertamento in questione sono i seguenti: 1) gli studi di settore rappresentano presunzioni semplici non fornite ex lege dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Non essendo, quindi, presunzioni legali, non comportano l’inversione dell’onere della prova; 2) gli studi di settore non possono essere utilizzati in maniera automatica, ma vanno sempre “personalizzati” in ragione della singola realtà oggetto di verifica; 3) il contraddittorio è l’elemento determinante per adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente l’ipotesi dello studio di settore, peraltro con carattere obbligatorio; 4) presupposto indefettibile per legittimare l’accertamento rimane comunque la motivata presenza di “gravi incongruenze” così come previsto dal comma 3 dell’art.62-sexies, D.L. 30 agosto 1993 n.331, conver.con modif. con L.29 ottobre 1993 n.427 ; 5) trattandosi di un accertamento che trae origini da presunzioni semplici, il contribuente può difendersi in maniera ampia, anche utilizzando a sua volta presunzioni semplici, volte a dimostrare la non applicabilità dello standard nel caso specifico. 6) il contraddittorio è essenziale per il confezionamento della motivazione dell’accertamento da studi di settore e in esso vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del contribuente siano stati disattesi, anche a valere per l’eventuale futuro contenzioso.
Considerazioni sull’applicazione degli studi di settore
Considerazioni sull’applicazione degli studi di settore ultima modifica: 2013-09-19T20:13:58+02:00 da