Il decreto legge Aiuti-ter rende più stringenti i vincoli procedurali introdotti dalla legge di Bilancio 2022 per le cessazioni delle attività produttive di grandi aziende.
La disciplina di contrasto alle “delocalizzazioni” è stata introdotta dalla legge 234/2021 e si applica alle grandi imprese, non in crisi, con almeno 250 dipendenti, che intendano cessare un’attività che comporti il licenziamento di più di 50 persone. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare l’intenzione di chiudere non solo alle rappresentanze sindacali, bensì anche a Regioni, ministero del Lavoro, ministero dello Sviluppo economico e Anpal.
Entro 60 giorni, l’azienda deve elaborare un piano contenente una serie di azioni per fronteggiare le conseguenze sociali derivanti dalla chiusura. Una volta presentato il piano, è prevista una fase di discussione con i sindacati e le istituzioni. Sino alla eventuale sottoscrizione del piano, il datore di lavoro non potrà procedere con licenziamenti collettivi, né intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.
Con il decreto Aiuti-ter si allungano i tempi della procedura collettiva che può arrivare sino a 255 giorni (60+120+45+30, quasi 8 mesi e mezzo) durante i quali il datore di lavoro è comunque tenuto a corrispondere le retribuzioni, oltre ai relativi oneri contributivi. I licenziamenti, infatti, sono preclusi in quanto nulli se intimati senza l’avvio della procedura preventiva,
E’ stato imposto un obbligo di restituzione di qualsiasi tipo di sussidio pubblico percepito nei dieci anni precedenti, se la cessazione di attività comporti una riduzione di personale superiore al 40% nell’unità interessata (di fatto è presumibile che avverrà pressoché sempre): la restituzione avverrà in maniera proporzionale alla percentuale di riduzione del personale.