La circolare n.37/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate prova a fare chiarezza sulle operazioni di assegnazione agevolata di beni a i soci e di trasformazione agevolata in società semplice.
L’assegnazione comporta la necessità di annullare riserve di patrimonio netto in misura pari al valore contabile attribuito al bene in sede di assegnazione. Tale valore contabile attribuito al bene in sede di assegnazione altro non è che il valore di assegnazione attribuito al bene dai soci che nei principi contabili nazionali non risulta disciplinato.
L’operazione risulterà impossibile nel momento in cui le poste di patrimonio netto sono insufficienti a coprire il valore di assegnazione attribuito al bene. Questo vincolo non sussiste nell’ambito della liquidazione della società, nella quale si verifica una chiusura simultanea di tutte le partite attive e passive della società.
L’eventuale maggiore valore di assegnazione del bene rispetto al suo valore contabile viene contabilizzato a Conto Economico in qualità di plusvalenza di competenza naturalmente dell’esercizio 2016 che dopo essere state “sterilizzate” (attraverso una variazione in diminuzione in Unico 2017 )verranno accantonate a riserva e distribuite ai soci.
Sia nella cessione, sia nell’assegnazione, l’imposta sostitutiva versata dalla società libera le riserve di utili che si formano e, pertanto, tali riserve non sono tassate in capo ai soci di società di capitali (la problematica non si pone per i soci di società di persone, in virtù del principio di trasparenza).
Principi diversi sono contenuti nella circolare dell’Agenzia delle Entrate in cui si specifica che le plusvalenze contabili da assegnazione una volta confluite nel risultato di esercizio e distribuite ai soci sotto forma di riserve, portano alla tassazione dei soci in qualità di dividendi secondo le regole ordinarie.
Per le plusvalenze contabili che emergono a seguito della cessione dei beni ai soci si afferma invece che queste componenti, se accantonate a riserva e distribuite ai soci, rappresentano per questi ultimi dividendi, ma al netto dell’imposta sostitutiva versata dalla società.
Non appare chiaro se, nel caso dell’assegnazione, l’indicazione per cui le riserve sono tassate senza tener conto delle somme assoggettate all’imposta sostituiva sulle plusvalenze sia il frutto di una mera dimenticanza, o se al contrario l’Agenzia delle Entrate abbia tenuto conto che assegnazione e cessione sono operazioni strutturalmente diverse.
In conclusione, rappresentiamo in sintesi quanto esposto:
La circolare 37/E/2016 ha confermato quanto ipotizzato in questi mesi dalla dottrina, ovvero che tale <<plusvalenza non assume rilevanza fiscale, considerato che l’assolvimento dell’imposta sostitutiva (…) sostituisce la tassazione ordinaria dei componenti positivi ai fini delle imposte sui redditi e ai fini Irap e chiude qualsiasi debito tributario in capo alla società (circolare n. 26/E del 2016)>>.
Dunque, per l’Agenzia, la plusvalenza contabile rilevata a conto economico (calcolata prendendo a riferimento il valore attribuito al bene)
- è fiscalmente irrilevante per il suo intero ammontare, anche se maggiore della plusvalenza fiscale (determinata sulla base del valore normale/catastale) sulla quale è applicata l’imposta sostitutiva;
- ai fini fiscali deve essere “sterilizzata” con una variazione in diminuzione;
concorre al risultato di conto economico dell’esercizio 2016 e, pertanto, in presenza di un risultato positivo, confluisce tra le riserve disponibili di patrimonio netto: per la circolare 37/E/2016 l’eventuale distribuzione di tale riserva dovrà seguire il regime ordinario di tassazione come dividendo in capo ai soci percettori, e ciò per l’intero. La stessa circolare, invece, trattando successivamente delle cessioni, precisa che tale sorte riguarda solo la maggior plusvalenza contabile registrata rispetto a quella già assoggettata a imposizione sostitutiva. La differenza di trattamento fra le due fattispecie – i cui motivi, purtroppo, non vengono chiariti dalla circolare – sembra non casuale, ma da doversi presumibilmente ascrivere al fatto che, nel caso delle assegnazioni, gli utili distribuiti ai soci in seno all’assegnazione hanno già fruito dell’agevolazione (pur, in effetti, scontando almeno in parte l’imposizione sostitutiva del 13 per cento), il che non accade nell’ipotesi di cessione.