In linea generale, l’art. 3, co. 2, del D.Lgs. n. 23/2011 stabilisce che la base imponibile della cedolare secca è costituita dal canone di locazione annuo stabilito dalle parti nel contratto, senza alcuna riduzione. Al contrario, come noto, le regole ordinarie per la determinazione del reddito fondiario, di cui all’art. 26 del TUIR, prevedono che il canone di locazione deve essere ridotto quale regola generale, in misura pari al 5%. Al pari di quanto previsto per i redditi fondiari assoggettati a tassazione ordinaria, l’art. 3, co. 6, del D.Lgs. n. 23/2011 prevede che il reddito derivante di contratti per i quali si può optare per la cedolare seccanon può essere comunque inferiore al reddito determinato a norma dell’art. 37, co. 1, del TUIR. Tale ultima disposizione, infatti, stabilisce quale regola generale, che il reddito derivante dai fabbricati è costituto dalla rendita catastale, a meno che il canone di locazione, al netto delle suddette riduzioni, non sia superiore, nel qual caso il reddito è costituito dal predetto canone “ridotto”.
In tale ambito, la circolare n. 26/E/2011 stabilisce che preliminarmente è necessario operare il confronto tra il canone di locazione annuo stabilito nel contratto e l’importo della rendita catastale, prendendo come base di riferimento per l’applicazione dell’imposta sostitutiva l’importo più elevato che risulta dal predetto confronto. In particolare, prosegue l’Agenzia, i termini da raffrontare soni i seguenti:
- canone di locazione maturato nel periodo di vigenza dell’opzione per la cedolare secca, senza effettuare alcun abbattimento;
- ammontare della rendita catastale riferita al medesimo periodo, aumentata del 5% a titolo di rivalutazione.
Come descritto, a prescindere dalla modalità di tassazione del reddito derivante dalla locazione del fabbricato (ordinaria o cedolare secca), è in ogni caso necessario porre a raffronto il canone di locazione con la rendita rivalutata. Tuttavia, mentre nel regime ordinario di tassazione il canone è sempre abbattuto forfetariamente (nelle diverse misure previste in funzione dell’ubicazione dell’immobile, ovvero della tipologia di contratto), in presenza di opzione per il regime della cedolare secca il canone è sempre quello previsto contrattualmente. Ciò significa che nell’ambito di un determinato contratto, si potrebbe determinare che la rendita catastale rivalutata può essere inferiore al canone di locazione “pieno”, ma inferiore a quello abbattuto forfetariamente.
Nel paragrafo 6.1 della circolare n. 26/E/2011, l’Agenzia delle Entrate, dopo aver ricordato che l’opzione per la cedolare secca riguarda il singolo contratto, e conseguentemente si possono avere, nel medesimo periodo d’imposta, reddito fondiari derivanti da contratti di locazione soggetti alla cedolare secca, e redditi fondiari assoggettati a tassazione ordinaria, detta regole particolari per i contratti con decorrenza in corso d’anno.
In tal caso, infatti, si verifica una “discrepanza” tra l’anno solare, base di riferimento per la tassazione del reddito fondiario, e annualità contrattuale, essendo quest’ultima legata alladata di decorrenza del contratto, data da cui decorrono tutti gli adempimenti previsti per la registrazione del contratto stesso, e per il relativo pagamento dell’imposta di registro e di bollo, anche con riferimento alle annualità successive.
Per tali contratti, precisa l’Agenzia, “l’annualità contrattuale non coincide con il periodo d’imposta e, quindi, nel medesimo periodo d’imposta possono coesistere sia annualità contrattuali per le quali è stata esercitata l’opzione per la cedolare secca, sia annualità contrattuali per le quali deve essere applicata l’Irpef e le relative addizionali”. Allo stesso modo, prosegue la circolare n. 26/E, “nel medesimo periodo d’imposta possono altresì coesistere sia annualità per le quali è stata esercitata l’opzione per la cedolare secca, sia periodi in cui l’immobile non è oggetto di contratti di locazione (perché tenuto a disposizione ovvero utilizzato direttamente dal proprietario)”. In buona sostanza, conclude l’Agenzia, “se al momento della registrazione, o alla decorrenza delle successive annualità, è stata esercitata l’opzione per l’applicazione della cedolare secca, i canoni di tali annualità che maturano nel periodo d’imposta devono essere assoggettati a tassazione mediante cedolare secca. I canoni maturati nel medesimo periodo d’imposta, relativi alle annualità per le quali non è stata espressa l’opzione o per i quali è stata revocata, restano applicabili le ordinarie modalità di tassazione del reddito fondiario”. In altre parole, ciò che deriva da quanto esposto nella circolare n. 26/E è che il canone assoggettabile a cedolare secca è quello relativo all’annualità contrattuale, e non quello maturato nell’anno solare, con la conseguenza che nell’ambito del medesimo periodo d’imposta è possibile una “convivenza” tra regime ordinario e regime sostitutivo.