Nelle more dell’entrata in vigore del Codice del Terzo settore, le organizzazioni di volontariato che ricevono sulla base di una specifica convenzione contributi da un’amministrazione pubblica, a rimborso delle spese sostenute, sono escluse dall’ambito soggettivo Iva. Le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato costituite esclusivamente per fini di solidarieta’, non si considerano cessioni di beni, ne’prestazioni di servizi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. In pratica le organizzazioni di volontariato, costituite ai sensi della L.266/1991 non sarebbero tenute ad aprire partita Iva se, risultando regolarmente iscritte al Registro regionale, non svolgono attivita’ diverse da quelle commerciali e produttive marginali e sono considerate Onlus di diritto (e quindi escluse dalla trasmissione del modello EAS)
Per le organizzazioni di volontariato, quindi, l’elenco delle fonti di entrata contenuto nell’art.5 L.266/1991 sarebbe tassativo, tra queste entrate figurano anche i rimborsi derivanti da convenzioni e pertanto non sono tenute ad aprire partita Iva ne’ ad emettere la fattura elettronica nei confronti dello stesso Ministero che corrisponde il contributo.
La disciplina contenuta nella L.266/1991, nel prevedere espressamente l’esclusione dall’ambito Iva delle attivita’ svolte dalle organizzazioni di volontariato restera’ in vigore fino al periodo d’imposta successivo a quello di operativita’ del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, nel D.Lgs.117/2017 che disciplina il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore non vi e’nessuna traccia di esclusione soggettiva dall’ambito Iva anzi, risulta abbastanza pacifico che l’atttivita’ di carattere corrispettivo svolta dalle organizzazioni di volontariato, una volta entrata in vigore la nuova disciplina sara’ comunque soggetta ad Iva.
Stiamo parlando, quindi, oltre che delle attivita’ commerciali marginali anche delle raccolte fondi svolte con carattere di abitualita’ e dei corrispettivi da convenzione con enti pubblici.
Infatti l’art.86 D.Lgs.117/2017 individua un regime forfettario di determinazione delle imposte che esplica effetti anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
E se e’ vero che grazie a questo particolare regime forfettario le odv non applicano l’Iva sulle proprie fatture, e’pero’ altrettanto vero che alla normativa e’posto un limite di ricavi, pari a 130.000 euro (limite che risulta scaduto al 31 dicembre 2019). Per chi dovesse avere entrate di natura commerciale per importi superiori, il regime forfettario non sarebbe applicabile e si dovrebbe passare ad un regime Iva ordinario.