L’art. 2086 comma 2 c.c. in vigore dal 16 marzo 2019 ,stabilisce che tutte le societa’, indipendentemente dalla loro natura e dimensione, devono adottare adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita di continuita’ aziendale. L’art.2 del Dlgs.14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) formalmente applicabile dal 15 agosto 2020 definisce la crisi come lo stato di difficolta’ economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per l’impresa si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici ad adempiere regolarmente le obbligazioni pianificate.
Attraverso l’utilizzo di indici significativi e’possibile l’individuazione dello stato di crisi dell’impresa.
E’maggiormente utile verificare non il rapporto tra patrimonio netto e debiti, bensi’ se l’attivo immobilizzato e’integralmente finanziato dal capitale proprio e eventualmente dalle passivita’ consolidate (fondi per rischi e oneri, trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato e quota dei debiti scadente oltre l’esercizio successivo).
Non convince il richiamo all’indice che serve a verificare l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi in quanto le prospettive di continuita’ aziendale si misurano meglio con l’analisi della solidita’ patrimoniale, verificando la sussistenza di un adeguato grado di correlazione temporale nel finanziamento degli investimenti.
I due indici sopra indicati hanno un peso specifico diverso considerato che i debiti si pagano con le disponibilita’ liquide, e non con il patrimonio netto.
In conclusione no e’ sufficiente accertare uno stato di crisi, soprattutto se l’impresa manifesta una buona capacita’ di produzione di flussi di cassa, idonei a garantire il regolare pagamento, alle scadenze concordate, delle passivita’.