Dal 18 gennaio 2024, gli uffici dell’agenzia delle Entrate, prima di emettere gli accertamenti o altri atti impositivi, devono, a pena di annullabilità degli atti, instaurare con il contribuente un contraddittorio obbligatorio, informato ed effettivo. È quello che prevede il nuovo articolo 6-bis «principio del contraddittorio», inserito nella legge 27 luglio 2000 n. 212, statuto dei diritti del contribuente, dal decreto legislativo 30 dicembre 2023 n. 219, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2024. L’obbligo del confronto preventivo Fisco-contribuente non riguarda però gli accertamenti automatizzati. È questo, infatti, l’orientamento degli uffici sulla base delle indicazioni fornite dall’agenzia delle Entrate, direzione centrale di Roma.
A norma del comma 2 dell’articolo 6 – bis, non sussiste il diritto al contraddittorio per gli atti automatizzati, sostanzialmente automatizzati, di pronta liquidazione e di controllo formale delle dichiarazioni individuati con decreto del ministro dell’economia e delle finanze, nonché per i casi motivati di fondato pericolo per la riscossione. Tenuto conto della natura automatizzata o sostanzialmente automatizzata degli avvisi di accertamento parziale emessi a norma dell’articolo 41-bis del decreto sull’accertamento, Dpr 600/1973, l’agenzia delle Entrate considera questi atti esclusi dall’obbligo del contraddittorio preventivo.
Questo significa che la maggioranza degli accertamenti del Fisco, spesso emessi a norma del richiamato articolo 41-bis, «Accertamento parziale in base agli elementi segnalati dall’anagrafe tributaria» continueranno a essere emessi in modo automatizzato, senza alcun contraddittorio preventivo. L’articolo 41-bis stabilisce che senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice, i competenti uffici dell’agenzia delle Entrate, qualora dalle attività istruttorie di cui all’articolo 32 «poteri degli uffici», primo comma, numeri da 1) a 4), nonché dalle segnalazioni effettuate dalla direzione centrale accertamento, da una direzione regionale o da un ufficio della stessa Agenzia ovvero di altre Agenzie fiscali, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici, oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in so
cietà di persone, associazioni e imprese, o l’esistenza di deduzioni, esenzioni ed agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, nonché l’esistenza di imposte o di maggiori imposte non versate, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili, o la maggiore imposta da versare, anche avvalendosi delle procedure previste dal decreto sull’accertamento con adesione.
L’accertamento parziale si fonda su elementi “certi” provenienti da fonti esterne e non riguarda l’intera posizione del contribuente. A differenza dell’accertamento ordinario, per il quale una ulteriore azione del Fisco è ammessa solo in base a nuovi elementi, l’accertamento parziale non preclude all’agenzia delle Entrate di effettuare ulteriori rettifiche nei termini di legge.
Per gli atti esclusi dall’obbligo del contraddittorio preventivo, rimane sempre la chance dell’autotutela, nel caso in cui si tratti di atti annullabili. Il contribuente che ritiene l’atto annullabile può avvalersi dell’autotutela obbligatoria o facoltativa, sperando così di ridurre le liti con il Fisco.
È anche questo l’obiettivo del Governo, che, con le novità in vigore dal 18 gennaio 2024, ha introdotto nuove regole in materia di autotutela, apportando modifiche allo statuto dei diritti del contribuente. Le novità più importanti sono costituite dall’inserimento di due articoli, articolo 10-quater «esercizio del potere di autotutela obbligatoria» e 10-quinquies «esercizio del potere di autotutela facoltativa» (si veda Il Sole 24 Ore del 23 febbraio 2024). Va però tenuto presente che l’istanza in autotutela non sospende i termini per il ricorso e, quindi, è necessario presentare il ricorso, di norma, entro 60 giorni dalla notifica, per evitare la definitività dell’accertamento del Fisco e scongiurare altre complicazioni.