La cedolare secca al 26% si applicherà a tutti gli appartamenti in affitto breve, quando ce ne siano almeno due. Quindi, chi affitta un solo immobile non avrà l’aumento. Ma chi ne affitta più di uno subirà l’incremento di cinque punti su tutti, e non solo a partire dal secondo. È questo l’effetto pratico dell’articolo 18 del disegno di legge di Bilancio, che ritocca la disciplina fiscale sulle locazioni brevi.
Se all’inizio era stato raccontato che la stretta sui bed and breakfast avrebbe riguardato solo le terze case, a leggere nei dettagli il Ddl si scopre che non sarà proprio così. La nuova norma, infatti, si aggancia al decreto legge 50/2017, dove si spiega che ai redditi derivanti da contratti di locazione breve si applica «l’aliquota del 21 per cento in caso di opzione per
l’imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca». Questa aliquota – così stabilisce la manovra – «è innalzata al 26% in caso di destinazione alla locazione breve di più di un appartamento per ciascun periodo d’imposta».
La sostanza, allora, è che resteranno al 21% solo le locazioni brevi di chi affitta un solo appartamento. Se in un anno vengono invece destinati alla locazione breve più immobili, tutti quanti saranno attratti dall’aliquota più sfavorevole. Un effetto traino che, quindi, tende ad aumentare il carico impositivo. Guardando i numeri delle relazioni di accompagnamento al Ddl, comunque, colpisce il peso ridotto che avrà questa stretta. La stima è di poco più di 17 milioni per il 2025 e di 8,8 milioni a partire dal 2026.
Gli interventi previsti nella manovra, però, non chiuderanno il cerchio delle misure legate alla cedolare. A completare il quadro ci sarà l’introduzione del Cin, il codice identificativo nazionale che, nei piani del Governo, dovrebbe dare una robusta stretta anti-sommerso al mondo delle locazioni brevi. Sarà ospitato dalla conversione del decreto legge Anticipi, collegato alla legge di Bilancio.
Va detto che non si tratta di uno strumento completamente nuovo. Esistono già oggi dei codici identificativi regionali; l’obiettivo è avere regole uniche e nazionali, per migliorare la vigilanza sugli adempimenti fiscali. Oltre ai codici, però, è necessaria una banca dati unica per conoscere in modo dettagliato tutta l’offerta extra alberghiera, e monitorare l’utilizzo degli immobili. Questa piattaforma, come il codice identificativo, non è nuova ma era stata già disciplinata dalla legge 58/2019. Non è, però, mai stata attuata. Circa un anno fa il precedente Governo aveva ipotizzato l’avvio dello strumento che, però, non ha mai visto la luce.
Comunque, per capire come potrebbe essere strutturato questo codice basta guardare il Ddl sugli affitti brevi, studiato proprio da questo esecutivo: conteneva le regole del nuovo Cin. Il codice, in base a quello schema, viene assegnato dal ministero del Turismo, con una procedura automatizzata e dopo la presentazione di una domanda, ad ogni unità oggetto di locazione per finalità turistiche.
Queste unità dotate di codice identificativo saranno inserite nella banca dati (modellata sulla piattaforma mai attuata del 2019). Il funzionamento di questa nuova piattaforma sarà demandato a un decreto successivo. Sarà, comunque, pubblica e liberamente consultabile. Chi affitta il proprio immobile «è tenuto ad esporre il Cin all’ingresso dell’unità immobiliare e all’ingresso dell’edificio, nonché ad indicarlo in ogni annuncio ovunque pubblicato». È vietato pubblicare online annunci privi di Cin. La violazione di questi obblighi porta, secondo quell’ipotesi, una sanzione compresa in una forbice tra 500 e 5mila euro.