Il credito per le imposte pagate all’estero è lo strumento utilizzato dall’ordimento tributario italiano per eliminare la cosiddetta doppia imposizione giuridica internazionale che si verifica quando un medesimo componente di reddito è assoggettato a imposizione in capo allo stesso contribuente in più Stati.
I dividendi di fonte estera percepiti da persone fisiche residenti e relativi a partecipazioni non qualificate (e, a partire dal 2018, anche a quelli relativi a partecipazioni qualificate) sono assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta con aliquota del 26% da applicarsi da parte dell’intermediario che interviene nella riscossione degli stessi o, in mancanza di intermediario, a imposta sostitutiva con la medesima aliquota in sede di dichiarazione dei redditi.
In relazione ai dividendi esteri, il contribuente non ha alcuna possibilità di farli concorrere al reddito complessivo e, pertanto, secondo la normativa interna, a far valere il credito d’imposta.
Tuttavia, la maggior parte delle convenzioni contro le doppie imposizioni concluse dall’Italia (compresa quella stipulata con gli Stati Uniti, oggetto del caso esaminato dalla Suprema Corte) prevedono l’obbligo per l’Italia di riconoscere il credito d’imposta, fatto salvo il solo caso in cui il componente di reddito sia assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta su richiesta del contribuente.
l’Amministrazione finanziaria ha sino a oggi sempre negato la spettanza del credito d’imposta estero in relazione ai dividendi esteri percepiti da persone fisiche residenti, facendo così prevalere la normativa interna rispetto a quella convenzionale.
Ora, la Cassazione, con la sentenza 25698/2022, ha chiaramente affermato il diritto al credito d’imposta a favore delle persone fisiche residenti sui dividendi esteri, salvo il caso in cui il trattato contro le doppie imposizioni concluso con lo Stato estero preveda espressamente che il credito non sia riconosciuto anche nel caso in cui il componente di reddito sia assoggettato obbligatoriamente a ritenuta a titolo d’imposta.
Ora, la Cassazione, con la sentenza 25698/2022, ha chiaramente affermato il diritto al credito d’imposta a favore delle persone fisiche residenti sui dividendi esteri, salvo il caso in cui il trattato contro le doppie imposizioni concluso con lo Stato estero preveda espressamente che il credito non sia riconosciuto anche nel caso in cui il componente di reddito sia assoggettato obbligatoriamente a ritenuta a titolo d’imposta.
In merito alla documentazione idonea a comprovare il pagamento delle imposte all’estero, i Supremi giudici hanno indicato, oltre alla dichiarazione dei redditi presentata nel Paese estero (qualora questo adempimento sia previsto), una certificazione rilasciata dall’autorità fiscale estera che attesti il predetto pagamento oppure una certificazione rilasciata dal soggetto che ha corrisposto i redditi, accompagnata o dalla ricevuta di versamento delle imposte pagate da tale soggetto o dall’indicazione e prova del fatto che, in base alla normativa straniera, lo stesso soggetto sia obbligato al versamento. In base alla sentenza della Cassazione 25698/2022, gran parte delle convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia consentono di beneficiare del credito per le imposte pagate all’estero (ovviamente nei limiti della convenzione) anche sui dividendi percepiti dalla persone fisiche residenti in Italia al di fuori dell’impresa; dividendi che sono soggetti a ritenuta d’imposta o imposta sostitutiva a titolo definitivo.